CENNI BIOGRAFICI

Oreste Benzi nasce il 7 settembre 1925 a Sant’Andrea in Casale, piccola frazione del comune di San Clemente, nelle campagne riminesi, in una povera famiglia contadina, sesto di nove figli. All’età di 12 anni entra in seminario e il 29 giugno 1949 viene ordinato sacerdote.
Fin da subito si dedica con entusiasmo ai giovani, in particolare ai preadolescenti, per far fare loro un incontro simpatico con Cristo.
Prima vice-assistente e poi, nel 1952, assistente della Gioventù Cattolica di Rimini, dal 1954 diventa anche direttore spirituale nel seminario di Rimini per i giovani dai 12 ai 17 anni.
Nel 1961 inaugura nello scenario stupendo delle Dolomiti una casa di vacanze ad Alba di Canazei (TN), per far fare loro l’esperienza dell’incontro con Dio.

Proprio lì a “Casa Madonna delle Vette”, nel settembre 1968, si svolge la prima vacanza di condivisione con giovani e persone portatrici di handicap fisico e psichico, allora definiti spastici: là dove siamo noi, lì anche loro. Nasce la Comunità Papa Giovanni XXIII che qualche anno dopo, nel luglio 1973, concretizzerà con l’apertura della prima casa famiglia a Coriano (RN), la specifica vocazione donata dallo Spirito a don Oreste e ai primi membri dell’Associazione.
Nel 1968 diventa anche parroco della nuova parrocchia La Resurrezione, nella prima periferia di Rimini, dove assieme ad altri tre sacerdoti dà vita a una innovativa esperienza pastorale.

Fare famiglia d’altronde connota tutta la sua prorompente attività che si allarga a sempre nuovi campi d’azione: nei primi anni 80 la promozione dell’affidamento familiare per dare una famiglia a chi non ce l’ha, l’apertura della prima comunità di recupero per tossicodipendenti; l’azione a favore dei carcerati, fino al 1986 quando con immensa gioia inaugura in Zambia la prima casa famiglia in terra di missione.
Coinvolto in tante battaglie per la difesa della dignità di ogni uomo e ogni donna, talvolta impopolari come quella per il popolo rom e sinto, diventa un personaggio pubblico, specie a partire dai primi anni 90 quando inizia il suo impegno per liberare le donne vittime di tratta e costrette alla prostituzione.

Innamorato della Chiesa, gioisce per il riconoscimento pontificio definitivo concesso alla Comunità nel marzo 2004 da parte di papa Giovanni Paolo II. Nonostante l’avanzare degli anni, percorre migliaia di chilometri sempre con la sua tonaca lisa fino alla notte del 2 novembre 2007, quando chiude gli occhi a questa terra per aprirsi all’infinito di Dio.

LE FASI DELLA VITA

La formazione e i primi anni di sacerdozio

1925
Nasce il 7 settembre a San Andrea in Casale, piccola frazione del comune di San Clemente, un paesino nell’entroterra romagnolo a 20 chilometri da Rimini. Sesto di nove figli, la sua è una famiglia molto povera che vive dei lavori saltuari del babbo, operaio e bracciante agricolo.

1933
In seconda elementare, all’età di 7 anni, dopo aver ascoltato la sua maestra Olga Baldani parlare della figura del sacerdote, decide in cuor suo di farsi prete.

1937
All’età di 12 anni entra in seminario, prima a Urbino e poi a Rimini. Per via della guerra il seminario si trasferisce a Bologna e poi a Montefiore Conca (RN), dove termina gli studi teologici.

1949
Mercoledì 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo, viene ordinato sacerdote dal vescovo di Rimini, mons. Luigi Santa. Pochi giorni dopo, il 5 luglio, diventa cappellano della parrocchia di San Nicolò a Rimini, dove rimane 16 mesi, impegnandosi in particolare con i giovani.

1950
Inizia a insegnare in seminario e viene nominato vice-assistente della Gioventù Cattolica di Rimini, di cui diventa assistente nel 1952. In quei primi anni di attività pastorale si dedica in particolare agli preadolescenti, spinto dalla certezza che proprio in quel passaggio d’età si formano i valori pressoché definitivi della persona, con l’obiettivo di far fare loro un “incontro simpatico con Cristo”.

1954
A soli 29 anni diventa direttore spirituale nel seminario di Rimini per i giovani dai 12 ai 17 anni. Questo compito, che svolgerà fino al 1969, gli dà l’opportunità di approfondire più intensamente la conoscenza dell’animo giovanile.

1958
Il 12 aprile fonda la “Associazione per l’educazione della gioventù bisognosa” per dare veste giuridica a tutta l’attività avviata tra i giovani. Dopo diverse esperienze coinvolgenti di soggiorni estivi in montagna, detti “campeggi”, con l’autorizzazione del vescovo mons. Emilio Biancheri, il 14 agosto parte per gli Stati Uniti assieme ad un seminarista, Filippo Di Grazia, in cerca di fondi per costruire una casa-vacanze ad Alba di Canazei (TN), convinto che il paesaggio stupendo delle Dolomiti possa favorire negli adolescenti e nei giovani l’incontro con l’infinito di Dio. Nel novembre dello stesso anno riparte per un secondo viaggio, accompagnato questa volta da un sacerdote, don Sisto Ceccarini. Riesce a raccogliere i soldi sufficienti per dare avvio alla costruzione della casa sul terreno acquistato e, con la Provvidenza e tanta follia, si giunge all’inaugurazione della Casa “Madonna delle Vette” nel 1961.

1959
Inizia ad insegnare religione in vari Licei di Rimini e Riccione. In questi anni sperimenta nuove modalità per far incontrare i giovani con Dio e con le situazioni concrete di povertà che incontra.
Nel frattempo non smette di studiare e di approfondire, anche assieme ad altri sacerdoti che si incontrano in quella che scherzosamente viene denominata “L’Università di Spadarolo”, dal luogo dove questi avvengono, stimolato dalla nuova primavera della Chiesa avviata con il Concilio Vaticano II (1962-1965).

L’esplosione del carisma: parroco e fondatore

1968
Anche per don Oreste il Sessantotto rappresenta un anno decisivo, di svolta nella sua vita. Incontra la realtà degli “spastici”, persone con handicap gravi e gravissimi allora emarginate e nascoste alla vista della gente. Lancia la proposta ai suoi giovani e in settembre parte il primo “campeggio spastici” a Madonna delle Vette, ad Alba di Canazei. A dirigerlo c’è don Elio Piccari, insegnante di religione delle scuole differenziali, con il motto: “Dove siamo noi, li anche loro“.

È da quella prima esperienza di condivisione che si fa risalire la nascita della Comunità Papa Giovanni XXIII. In quell’anno, infatti, alla presenza del Vescovo Biancheri, si svolge la prima due giorni comunitaria in cui si approvano le linee fondative e tre anni dopo, il 13 luglio 1971, si costituisce formalmente la Associazione per la Formazione Religiosa degli Adolescenti Papa Giovanni XXIII. Don Oreste viene eletto Presidente. Resterà Responsabile Generale fino alla sua morte.

Ma non c’è solo la nascita della Comunità. Il 1 settembre don Oreste diventa infatti parroco, realizzando una innovativa comunità sacerdotale insieme ad altri tre preti. È la nuova parrocchia “La Resurrezione”, alla periferia di Rimini, nella zona denominata Grotta Rossa. Per questo motivo nel 1969 termina il suo incarico di direttore spirituale in seminario. Rimarrà parroco di quel popolo per ben 32 anni, fino al 2000, anno in cui lascia per il raggiungimento dei 75 anni di età, anche quando girerà instancabilmente tutto il mondo per l’attività legata alla Comunità.

14 settembre 1968 – Primo “campeggio spastici” a “Madonna delle Vette” ad Alba di Canazei

1973
Dai primi anni ‘70, la storia personale di don Oreste si intreccia con quella della Comunità Papa Giovanni XXIII, da lui fondata, mentre il carisma della Associazione sempre più si specifica: seguire Gesù, povero e servo, che condivide direttamente la vita degli ultimi. È proprio la scelta della condivisione diretta che il 3 luglio 1973 porta all’apertura a Coriano (RN) della prima casa famiglia: Casa Betania.

Per don Oreste la casa famiglia è la pupilla degli occhi della Comunità: è “dare una famiglia a chi non l’ha”. In essa membri dell’Associazione scelgono di diventare padre e madre di chi è nel bisogno, legando la propria vita alla loro come in una normale famiglia.

E’ l’inizio di una serie di attualizzazioni della medesima realtà che nascono tutte dalla scelta di condivisione diretta con i nuovi poveri e impoveriti che don Oreste e la Comunità incontrano.

1978
Avvia la pubblicazione di Sempre, mensile ufficiale della Comunità – dopo i primi numeri stampati come pro-manoscritti a partire dal 1975 – con l’obiettivo di essere voce di chi non ha voce, ovvero degli emarginati, denunciando le ingiustizie e facendo conoscere quel mondo nuovo che la condivisione di vita con gli ultimi è in grado di sviluppare. Resta direttore della testata fino alla propria morte, oltre a continuare a collaborare con quotidiani e riviste sia locali che nazionali, tenendo anche rubriche settimanali seguite con interesse dal pubblico. È il segno visibile di come, accanto alla condivisione, è necessaria tutta un’azione volta a rimuovere la cause che generano ingiustizia.

1979
Tra le prime situazioni affrontate da don Oreste e dalla Comunità c’è la tragica realtà dei minori istituzionalizzati. Parte tutta l’azione di sensibilizzazione e di sostegno all’affidamento familiare che raggiungerà in poco tempo rilevanza nazionale, organizzando importanti convegni annuali a Rimini e tutta un’opera di sensibilizzazione in Italia. Assieme alle altre associazioni impegnate sul tema, contribuisce alla promulgazione della nuova Legge 183/1984 sul diritto di ogni minore ad avere una famiglia.

Sempre alla fine degli anni 70 la Comunità è in prima linea per il riconoscimento del diritto al lavoro per le persone con disabilità fisiche e/o psichiche. Organizza manifestazioni, convegni e l’avvio delle prime esperienze lavorative per l’inserimento delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro, favorendo la nascita di cooperative sociali. Successivamente, apre vari centri educativi diurni per sostenere le famiglie nella scelta di mantenere i propri figli nell’ambito familiare, evitandone così la istituzionalizzazione.

Agosto 1979 – Messa in spiaggia durante campeggi al mare a Rimini – Foto di Riccardo Ghinelli

1980
Di fronte al dramma della droga tra i giovani, rispondendo ad una diretta richiesta del vescovo di Rimini, mons. Giovanni Locatelli, apre a Igea Marina (RN) la prima delle comunità di recupero per tossicodipendenti che negli anni successivi si moltiplicheranno in particolare in Emilia Romagna. Ideando un originale programma terapeutico basato sempre sulla condivisione diretta degli operatori, diviene ben presto una delle voci più autorevoli a livello nazionale sui temi delle dipendenze, agendo anche a livello politico per ribadire il diritto di ogni persona a non drogarsi.

1984
Dall’incontro con i carcerati, convinto che “l’uomo non è il suo errore”, dà avvio alla presenza nelle carceri, con colloqui e momenti di socializzazione, e alla prima casa di pronta accoglienza per adulti a Sant’Aquilina di Rimini, affidata alla responsabilità di don Nevio Faitanini, sacerdote della Comunità e cappellano della Casa circondariale di Rimini.

Infaticabile apostolo nelle periferie esistenziali del mondo

1986
Nel 1981 la dr.ssa Marilena Pesaresi di Rimini, aveva chiesto aiuto a don Oreste per il lebbrosario da lei gestito a Mutemawa, in Zimbabwe. Partono due giovani ragazze della Comunità, Tina Bartolini e Irene Tonti, che rimangono per nove mesi. In un viaggio in Africa a seguito di questi contatti, don Oreste incontra mons. Denis De Jong, vescovo di Ndola (Zambia) che, dopo aver visitato in Italia alcune case famiglia, chiede espressamente alla Comunità di aprirne una nella sua diocesi.
Il 24 maggio 1986 viene inaugurata a Ndola la “Holy Family Home for Children”. È la prima casa famigliain terra di missione. Da allora si moltiplicano i suoi viaggi all’estero, dall’Africa all’America Latina sino a raggiungere tutti e cinque i continenti, per aprire nuove strutture e nuovi progetti in missione e per visitare le realtà già avviate.

1987
“Ci sono tanti poveri che non ci cercheranno mai! Quelli, li dobbiamo cercare noi. Se non li vado a cercare, io non sono vero perché dico che sono miei fratelli”. Così don Oreste dall’incontro con i senza fissa dimora, che va ad incontrare di sera sulla strada, fa nascere la prima “Capanna di Betlemme” sulle colline sopra Rimini, una casa di accoglienza in cui membri della Comunità e volontari vivono insieme alle persone incontrate nei luoghi del disagio, nelle stazioni ferroviarie o sulla strada, proponendo loro un percorso di cambiamento.

1990
Don Oreste, fra i primi in Italia, inizia il suo impegno per liberare le donne vittime di tratta e costrette alla prostituzione. Attiva nel 1991 la presenza di volontari sulla strada tra le donne straniere schiavizzate e i viados, impegnandosi per liberare le nuove “schiave” e denunciare il silenzio delle istituzioni.

1991
Dopo anni di collaborazione con varie testate locali e nazionali, pubblica il suo primo libro: Con questa tonaca lisa, una lunga intervista curata dal giornalista Valerio Lessi che porta come sottotitolo: Fra i drammi e le violenze della società opulenta e le speranze di una Chiesa assediatache avrà un’ampia eco e che vedrà nel giro di pochi anni varie ristampe e nuove edizioni aggiornate. Seguiranno negli anni molti altri libri sui temi scottanti dell’educazione, delle attese dei giovani, dei drammi della droga, dell’incontro decisivo con Dio.
Si moltiplicano anche i suoi interventi e la partecipazione diretta a varie trasmissioni televisive, facendone ormai un personaggio pubblico.

1992
Don Oreste, che con la Comunità Papa Giovanni XXIII è stato uno dei primi enti convenzionati con il Ministero della Difesa per l’utilizzo degli obiettori di coscienza, affronta il dramma della guerra: durante il conflitto nella ex Jugoslavia sostiene la scelta di alcuni obiettori di coscienza in servizio civile presso la Comunità di andare a condividere la vita di chi è costretto a subire la violenza dei conflitti: nasce “Operazione Colomba”, corpo nonviolento di pace della Comunità che ha lo scopo di creare ponti fra le parti in guerra e di promuovere una reale riconciliazione. Nel corso degli anni “Operazione Colomba” sarà impegnata in varie parti del mondo: Israele/Palestina, Chiapas, Colombia, Libano, Timor Est, Albania, Kosovo, Congo.

Il sigillo ad una vita donata: «Tutto è grazia!»

Foto di Riccardo Ghinelli

1998
Don Oreste vede realizzarsi uno dei suoi sogni più grandi. Dopo aver ottenuto più volte il riconoscimento ecclesiale a livello diocesano per l’Associazione, avendo questa da tempo superato non solo i confini diocesani ma anche nazionali, il 7 ottobre la Comunità Papa Giovanni XXIII riceve il Decreto di riconoscimento (ad experimentum) dal Pontificio Consiglio per i Laici come Associazione internazionale privata di fedeli laici di diritto pontificio. 

1999
Il 26 marzo inizia la preghiera per la vita davanti alla clinica “Villa Assunta” di Rimini, come arma nonviolenta scelta per combattere una delle ingiustizie più terribili: il dramma dell’aborto. Il 12 maggio è la volta dell’Ospedale S. Orsola di Bologna. Venerdì 17 ottobre, organizza a Rimini una grande manifestazione, che provoca polemiche e strascichi anche politici contro il Sindaco Alberto Ravaioli che aveva partecipato alla preghiera davanti alla clinica.

2002
Avvia il nuovo Servizio Antisette occulte, per liberare le moltissime persone – soprattutto adolescenti e donne – adescate nel mondo dell’occulto e delle psicosette. 

2004
Don Oreste dà vita alla prima “Comunità educante con i carcerati” (CEC), una struttura di condivisione che dà la possibilità ai detenuti di scontare la pena in maniera alternativa e soprattutto di perseguire la “certezza del recupero”.

Il 25 marzo dello stesso anno la Comunità Papa Giovanni XXIII riceve dalla Santa Sede il Decreto di riconoscimento definitivo. È la gioia più grande per don Oreste che il 29 novembre successivo con tutta la Comunità incontra Papa Giovanni Paolo II nella Sala Nervi del Vaticano per una udienza speciale, per manifestare a lui la riconoscenza per il dono ricevuto.

2007
Il 26 settembre don Oreste corona un altro suo grande desiderio: andare a vivere alla Capanna di Betlemme di Rimini, definendosi “barbone fra i barboni”.

Venerdì 2 novembre, giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, intorno alle due di notte, il suo grande cuore si ferma. Nel suo commento alla prima lettura del giorno pubblicato su Pane Quotidiano, profeticamente si legge: «Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio».

I funerali si svolgono lunedì 5 novembre: previsti inizialmente nel Duomo di Rimini, vengono celebrati nei saloni della Fiera di Rimini per permettere a tutti i suoi “piccoli” di dargli l’ultimo saluto. Concelebrano 400 sacerdoti, 11 vescovi e 4 cardinali. Partecipano circa 10.000 persone.

La formazione e i primi anni di sacerdozio

1925
Nasce il 7 settembre a San Andrea in Casale, piccola frazione del comune di San Clemente, un paesino nell’entroterra romagnolo a 20 chilometri da Rimini. Sesto di nove figli, la sua è una famiglia molto povera che vive dei lavori saltuari del babbo, operaio e bracciante agricolo.

1933
In seconda elementare, all’età di 7 anni, dopo aver ascoltato la sua maestra Olga Baldani parlare della figura del sacerdote, decide in cuor suo di farsi prete.

1937
All’età di 12 anni entra in seminario, prima a Urbino e poi a Rimini. Per via della guerra il seminario si trasferisce a Bologna e poi a Montefiore Conca (RN), dove termina gli studi teologici.

1949
Mercoledì 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo, viene ordinato sacerdote dal vescovo di Rimini, mons. Luigi Santa. Pochi giorni dopo, il 5 luglio, diventa cappellano della parrocchia di San Nicolò a Rimini, dove rimane 16 mesi, impegnandosi in particolare con i giovani.

1950
Inizia a insegnare in seminario e viene nominato vice-assistente della Gioventù Cattolica di Rimini, di cui diventa assistente nel 1952. In quei primi anni di attività pastorale si dedica in particolare agli preadolescenti, spinto dalla certezza che proprio in quel passaggio d’età si formano i valori pressoché definitivi della persona, con l’obiettivo di far fare loro un “incontro simpatico con Cristo”.

1954
A soli 29 anni diventa direttore spirituale nel seminario di Rimini per i giovani dai 12 ai 17 anni. Questo compito, che svolgerà fino al 1969, gli dà l’opportunità di approfondire più intensamente la conoscenza dell’animo giovanile.

1958
Il 12 aprile fonda la “Associazione per l’educazione della gioventù bisognosa” per dare veste giuridica a tutta l’attività avviata tra i giovani. Dopo diverse esperienze coinvolgenti di soggiorni estivi in montagna, detti “campeggi”, con l’autorizzazione del vescovo mons. Emilio Biancheri, il 14 agosto parte per gli Stati Uniti assieme ad un seminarista, Filippo Di Grazia, in cerca di fondi per costruire una casa-vacanze ad Alba di Canazei (TN), convinto che il paesaggio stupendo delle Dolomiti possa favorire negli adolescenti e nei giovani l’incontro con l’infinito di Dio. Nel novembre dello stesso anno riparte per un secondo viaggio, accompagnato questa volta da un sacerdote, don Sisto Ceccarini. Riesce a raccogliere i soldi sufficienti per dare avvio alla costruzione della casa sul terreno acquistato e, con la Provvidenza e tanta follia, si giunge all’inaugurazione della Casa “Madonna delle Vette” nel 1961.

1959
Inizia ad insegnare religione in vari Licei di Rimini e Riccione. In questi anni sperimenta nuove modalità per far incontrare i giovani con Dio e con le situazioni concrete di povertà che incontra.
Nel frattempo non smette di studiare e di approfondire, anche assieme ad altri sacerdoti che si incontrano in quella che scherzosamente viene denominata “L’Università di Spadarolo”, dal luogo dove questi avvengono, stimolato dalla nuova primavera della Chiesa avviata con il Concilio Vaticano II (1962-1965).

L’esplosione del carisma: parroco e fondatore

1968
Anche per don Oreste il Sessantotto rappresenta un anno decisivo, di svolta nella sua vita. Incontra la realtà degli “spastici”, persone con handicap gravi e gravissimi allora emarginate e nascoste alla vista della gente. Lancia la proposta ai suoi giovani e in settembre parte il primo “campeggio spastici” a Madonna delle Vette, ad Alba di Canazei. A dirigerlo c’è don Elio Piccari, insegnante di religione delle scuole differenziali, con il motto: “Dove siamo noi, li anche loro“.

È da quella prima esperienza di condivisione che si fa risalire la nascita della Comunità Papa Giovanni XXIII. In quell’anno, infatti, alla presenza del Vescovo Biancheri, si svolge la prima due giorni comunitaria in cui si approvano le linee fondative e tre anni dopo, il 13 luglio 1971, si costituisce formalmente la Associazione per la Formazione Religiosa degli Adolescenti Papa Giovanni XXIII. Don Oreste viene eletto Presidente. Resterà Responsabile Generale fino alla sua morte.

Ma non c’è solo la nascita della Comunità. Il 1 settembre don Oreste diventa infatti parroco, realizzando una innovativa comunità sacerdotale insieme ad altri tre preti. È la nuova parrocchia “La Resurrezione”, alla periferia di Rimini, nella zona denominata Grotta Rossa. Per questo motivo nel 1969 termina il suo incarico di direttore spirituale in seminario. Rimarrà parroco di quel popolo per ben 32 anni, fino al 2000, anno in cui lascia per il raggiungimento dei 75 anni di età, anche quando girerà instancabilmente tutto il mondo per l’attività legata alla Comunità.

1973
Dai primi anni ‘70, la storia personale di don Oreste si intreccia con quella della Comunità Papa Giovanni XXIII, da lui fondata, mentre il carisma della Associazione sempre più si specifica: seguire Gesù, povero e servo, che condivide direttamente la vita degli ultimi. È proprio la scelta della condivisione diretta che il 3 luglio 1973 porta all’apertura a Coriano (RN) della prima casa famiglia: Casa Betania.

Per don Oreste la casa famiglia è la pupilla degli occhi della Comunità: è “dare una famiglia a chi non l’ha”. In essa membri dell’Associazione scelgono di diventare padre e madre di chi è nel bisogno, legando la propria vita alla loro come in una normale famiglia.

E’ l’inizio di una serie di attualizzazioni della medesima realtà che nascono tutte dalla scelta di condivisione diretta con i nuovi poveri e impoveriti che don Oreste e la Comunità incontrano.

1978
Avvia la pubblicazione di Sempre, mensile ufficiale della Comunità – dopo i primi numeri stampati come pro-manoscritti a partire dal 1975 – con l’obiettivo di essere voce di chi non ha voce, ovvero degli emarginati, denunciando le ingiustizie e facendo conoscere quel mondo nuovo che la condivisione di vita con gli ultimi è in grado di sviluppare. Resta direttore della testata fino alla propria morte, oltre a continuare a collaborare con quotidiani e riviste sia locali che nazionali, tenendo anche rubriche settimanali seguite con interesse dal pubblico. È il segno visibile di come, accanto alla condivisione, è necessaria tutta un’azione volta a rimuovere la cause che generano ingiustizia.

1979
Tra le prime situazioni affrontate da don Oreste e dalla Comunità c’è la tragica realtà dei minori istituzionalizzati. Parte tutta l’azione di sensibilizzazione e di sostegno all’affidamento familiare che raggiungerà in poco tempo rilevanza nazionale, organizzando importanti convegni annuali a Rimini e tutta un’opera di sensibilizzazione in Italia. Assieme alle altre associazioni impegnate sul tema, contribuisce alla promulgazione della nuova Legge 183/1984 sul diritto di ogni minore ad avere una famiglia.

Sempre alla fine degli anni 70 la Comunità è in prima linea per il riconoscimento del diritto al lavoro per le persone con disabilità fisiche e/o psichiche. Organizza manifestazioni, convegni e l’avvio delle prime esperienze lavorative per l’inserimento delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro, favorendo la nascita di cooperative sociali. Successivamente, apre vari centri educativi diurni per sostenere le famiglie nella scelta di mantenere i propri figli nell’ambito familiare, evitandone così la istituzionalizzazione.

1980
Di fronte al dramma della droga tra i giovani, rispondendo ad una diretta richiesta del vescovo di Rimini, mons. Giovanni Locatelli, apre a Igea Marina (RN) la prima delle comunità di recupero per tossicodipendenti che negli anni successivi si moltiplicheranno in particolare in Emilia Romagna. Ideando un originale programma terapeutico basato sempre sulla condivisione diretta degli operatori, diviene ben presto una delle voci più autorevoli a livello nazionale sui temi delle dipendenze, agendo anche a livello politico per ribadire il diritto di ogni persona a non drogarsi.

1984
Dall’incontro con i carcerati, convinto che “l’uomo non è il suo errore”, dà avvio alla presenza nelle carceri, con colloqui e momenti di socializzazione, e alla prima casa di pronta accoglienza per adulti a Sant’Aquilina di Rimini, affidata alla responsabilità di don Nevio Faitanini, sacerdote della Comunità e cappellano della Casa circondariale di Rimini.

Infaticabile apostolo nelle periferie esistenziali del mondo

1986
Nel 1981 la dr.ssa Marilena Pesaresi di Rimini, aveva chiesto aiuto a don Oreste per il lebbrosario da lei gestito a Mutemawa, in Zimbabwe. Partono due giovani ragazze della Comunità, Tina Bartolini e Irene Tonti, che rimangono per nove mesi. In un viaggio in Africa a seguito di questi contatti, don Oreste incontra mons. Denis De Jong, vescovo di Ndola (Zambia) che, dopo aver visitato in Italia alcune case famiglia, chiede espressamente alla Comunità di aprirne una nella sua diocesi.
Il 24 maggio 1986 viene inaugurata a Ndola la “Holy Family Home for Children”. È la prima casa famigliain terra di missione. Da allora si moltiplicano i suoi viaggi all’estero, dall’Africa all’America Latina sino a raggiungere tutti e cinque i continenti, per aprire nuove strutture e nuovi progetti in missione e per visitare le realtà già avviate.

1987
“Ci sono tanti poveri che non ci cercheranno mai! Quelli, li dobbiamo cercare noi. Se non li vado a cercare, io non sono vero perché dico che sono miei fratelli”. Così don Oreste dall’incontro con i senza fissa dimora, che va ad incontrare di sera sulla strada, fa nascere la prima “Capanna di Betlemme” sulle colline sopra Rimini, una casa di accoglienza in cui membri della Comunità e volontari vivono insieme alle persone incontrate nei luoghi del disagio, nelle stazioni ferroviarie o sulla strada, proponendo loro un percorso di cambiamento.

1990
Don Oreste, fra i primi in Italia, inizia il suo impegno per liberare le donne vittime di tratta e costrette alla prostituzione. Attiva nel 1991 la presenza di volontari sulla strada tra le donne straniere schiavizzate e i viados, impegnandosi per liberare le nuove “schiave” e denunciare il silenzio delle istituzioni.

1991
Dopo anni di collaborazione con varie testate locali e nazionali, pubblica il suo primo libro: Con questa tonaca lisa, una lunga intervista curata dal giornalista Valerio Lessi che porta come sottotitolo: Fra i drammi e le violenze della società opulenta e le speranze di una Chiesa assediatache avrà un’ampia eco e che vedrà nel giro di pochi anni varie ristampe e nuove edizioni aggiornate. Seguiranno negli anni molti altri libri sui temi scottanti dell’educazione, delle attese dei giovani, dei drammi della droga, dell’incontro decisivo con Dio.
Si moltiplicano anche i suoi interventi e la partecipazione diretta a varie trasmissioni televisive, facendone ormai un personaggio pubblico.

1992
Don Oreste, che con la Comunità Papa Giovanni XXIII è stato uno dei primi enti convenzionati con il Ministero della Difesa per l’utilizzo degli obiettori di coscienza, affronta il dramma della guerra: durante il conflitto nella ex Jugoslavia sostiene la scelta di alcuni obiettori di coscienza in servizio civile presso la Comunità di andare a condividere la vita di chi è costretto a subire la violenza dei conflitti: nasce “Operazione Colomba”, corpo nonviolento di pace della Comunità che ha lo scopo di creare ponti fra le parti in guerra e di promuovere una reale riconciliazione. Nel corso degli anni “Operazione Colomba” sarà impegnata in varie parti del mondo: Israele/Palestina, Chiapas, Colombia, Libano, Timor Est, Albania, Kosovo, Congo.

Il sigillo ad una vita donata: «Tutto è grazia!»

1998
Don Oreste vede realizzarsi uno dei suoi sogni più grandi. Dopo aver ottenuto più volte il riconoscimento ecclesiale a livello diocesano per l’Associazione, avendo questa da tempo superato non solo i confini diocesani ma anche nazionali, il 7 ottobre la Comunità Papa Giovanni XXIII riceve il Decreto di riconoscimento (ad experimentum) dal Pontificio Consiglio per i Laici come Associazione internazionale privata di fedeli laici di diritto pontificio. 

1999
Il 26 marzo inizia la preghiera per la vita davanti alla clinica “Villa Assunta” di Rimini, come arma nonviolenta scelta per combattere una delle ingiustizie più terribili: il dramma dell’aborto. Il 12 maggio è la volta dell’Ospedale S. Orsola di Bologna. Venerdì 17 ottobre, organizza a Rimini una grande manifestazione, che provoca polemiche e strascichi anche politici contro il Sindaco Alberto Ravaioli che aveva partecipato alla preghiera davanti alla clinica.

2002
Avvia il nuovo Servizio Antisette occulte, per liberare le moltissime persone – soprattutto adolescenti e donne – adescate nel mondo dell’occulto e delle psicosette. 

2004
Don Oreste dà vita alla prima “Comunità educante con i carcerati” (CEC), una struttura di condivisione che dà la possibilità ai detenuti di scontare la pena in maniera alternativa e soprattutto di perseguire la “certezza del recupero”.

Il 25 marzo dello stesso anno la Comunità Papa Giovanni XXIII riceve dalla Santa Sede il Decreto di riconoscimento definitivo. È la gioia più grande per don Oreste che il 29 novembre successivo con tutta la Comunità incontra Papa Giovanni Paolo II nella Sala Nervi del Vaticano per una udienza speciale, per manifestare a lui la riconoscenza per il dono ricevuto.

2007
Il 26 settembre don Oreste corona un altro suo grande desiderio: andare a vivere alla Capanna di Betlemme di Rimini, definendosi “barbone fra i barboni”.

Venerdì 2 novembre, giorno della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, intorno alle due di notte, il suo grande cuore si ferma. Nel suo commento alla prima lettura del giorno pubblicato su Pane Quotidiano, profeticamente si legge: «Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio».

I funerali si svolgono lunedì 5 novembre: previsti inizialmente nel Duomo di Rimini, vengono celebrati nei saloni della Fiera di Rimini per permettere a tutti i suoi “piccoli” di dargli l’ultimo saluto. Concelebrano 400 sacerdoti, 11 vescovi e 4 cardinali. Partecipano circa 10.000 persone.

BIOGRAFIA ESSENZIALE